Stilato un documento con le richieste dell’associazione di categoria, con il proposito di “esercitare il proprio ruolo di interlocutore attivo”
Il panorama del commercio è soggetto ad una costante e continua mutazione.
La realtà, evidente e incontestabile, è che si sta assistendo a più consegne a domicilio, e all’ingresso di sempre meno utenti nei negozi.
Ciò significa che le vetrine continuano a spostarsi dalla strada alla Rete.
Un fenomeno confermato dai numeri: nei primi tre mesi del 2024 sono scomparse quasi diecimila imprese del commercio al dettaglio, per una media di oltre quattro negozi in meno ogni ora.
Un crollo a cui corrisponde la crescita inarrestabile degli acquisti online, che secondo le stime di recenti rilevazioni, tale modo di fare acquisti lieviterà del +13% nel corso del 2024, generando oltre 734milioni di spedizioni ai clienti, in media quasi 84mila consegne di pacchi all’ora.
Uno scambio tra vetrine e pacchi destinato a riflettersi negativamente sulle economie dei territori, proprio perché con la migrazione degli acquisti verso le piattaforme internazionali di eCommerce – che spesso pagano le imposte in altri Paesi – migra anche il gettito fiscale generato dai negozi.
E proprio in base a questi riscontri e valutazioni Confesercenti nazionale ha rilevato che la scomparsa di attività commerciali dal territorio ha già portato il fisco italiano a perdere, dal 2014 ad oggi, oltre 5,2 miliardi di euro di tasse.
Per tutti questi motivi la Confesercenti Umbria, presieduta da Giuliano Granocchia, proprio in vista del prossimo panorama politico che si verrà a delineare dopo le elezioni dell’8 e 9 giugno, si è apprestata a lanciare un appello a coloro che andranno a ricoprire il ruolo di primo cittadino, chiedendo ai futuri sindaci “interventi concreti e costruttivi per agevolare e favorire le imprese del territorio umbro, in un momento cruciale per la ripresa economica e sociale”.
Un appello affinché una volta che rivestiranno il ruolo di governatori della città possano presentare proposte e istanze urgenti che diano modo agli imprenditori del commercio, del turismo e dei servizi che operano in tutto il territorio regionale di avere un futuro migliore, “non più condizionato dall’aumento dei prezzi dell’energia dovuti alla guerra ed alla speculazione, all’aumento dei tassi di interesse” – si legge in una nota di Confesercenti, che peraltro ci tiene a sottolineare il fatto che “le piccole e medie imprese sono il motore dell’economia nazionale e locale, una parte significativa del capitale sociale del territorio, per l’occupazione e il benessere oltre che per il ruolo di presidio e servizio svolto per la comunità”.
Confesercenti, quindi, intende continuare ad esercitare il proprio ruolo di interlocutore attivo, propositivo e di stimolo con le istituzioni locali e con chi sarà chiamato a rappresentarle, portando all’attenzione del confronto tutto il valore e la forza della propria rappresentanza e delle proprie idee.
Sarà dunque decisivo e prioritario, per sostenere le imprese e aiutarle a resistere sul mercato, affrontare e rispondere a questa duplice esigenza: fisco e burocrazia.
Per Confesercenti Umbria “la leva fiscale dei vari Comuni può e deve essere usata per sostenere le piccole e medie imprese. In particolare rivedendo anche a termine le imposte sull’occupazione suolo pubblico, pubblicità. E l’imposta di soggiorno, di cui si chiede una riduzione di almeno il 50% per i prossimi 3 anni”.
La nota parla chiaro: “Vanno stravolte le regole: per esempio abbattendo l’Iva o dimezzando l’Irpef per chi sceglie questa professione. Per riequilibrare un po’ lo squilibro fiscale a vantaggio dei colossi delle vendite online, che lucrano sproporzionati ricavi. Sappiamo che ciò non è competenza diretta di un Sindaco, ma chiediamo al futuro primo cittadino di qualsia città dell’Umbria di porre con forza questo tema sui tavoli della politica nazionale ed europea”.
“La desertificazione commerciale dei piccoli centri, ma anche dei quartieri più popolari, è da avversare in quanto compromette la vivibilità stessa dei luoghi. Uno dei primi interventi per contrastare questo fenomeno è quello di pensare a contratti concordati per le attività commerciali, soprattutto nei centri storici. Una apposita Commissione, costituita da tecnici comunali, rappresentanti delle Associazioni dei Proprietari Immobiliari, delle Associazioni Sindacali di Categoria, degli Ordini Professionali interessati e delle Agenzie d’Affari, come per il canone concordato ad uso abitativo, devono individuare una cifra equa di locazione a metro quadro dell’immobile commerciale. Ai proprietari che si adeguano il Comune dovrà quindi proporre una aliquota Imu agevolata anziché l’applicazione di aliquota piena”.
“È poi necessario uno slancio comune nell’elaborazione di strumenti di coordinamento e di aggregazione fra imprese, fondamentali nella promozione ed organizzazione dei distretti commerciali naturali, nonché ultimo ed importante argine a tutela del piccolo esercente per competere contro la deregulation dell’e-commerce e l’espansionismo della grande distribuzione organizzata”.